similitudini fra arti marziali giapponesi e ikebana

(C) scuola Ohara

 

 

 

Quando consideriamo l’ikebana con mentalità occidentale abbiamo la tendenza ad associarlo alle arti figurative, alle “belle arti”, poiché usiamo i colori e le linee come nella pittura, le masse e i volumi come nella scultura o architettura.

Il termine arte, per secoli anche nella nostra cultura occidentale, ha indicato qualsiasi attività manuale esercitata con perizia e già nel Medioevo la parola “capolavoro” indicava l’oggetto che l’apprendista presentava all’esame per essere ammesso fra i membri di una corporazione.

Arte è soprattutto l`abilità di un mestiere: ancora oggi parliamo di arti sanitarie, mediche, culinarie, grafiche, militari, magiche.

Se consideriamo quale esempio un falegname o un calzolaio, il loro prodotto finito -tavolo o scarpa- può essere giudicato bello o brutto ma, indipendentemente da questo giudizio, può essere valutato se è stato eseguito “a regola d`arte” ossia se sono state applicate con perizia le tecniche tradizionali tipiche del falegname o del calzolaio.

Lo Zen, che come tutte le altre correnti del buddhismo si oppone alla visione dualistica bello/brutto del tavolo o della scarpa, riconosce il “bello”, l`”arte”, non nell`oggetto creato -tavolo o scarpa- ma nella successione delle azioni compiute per crearlo, ossia se e come è stato eseguito “a regola d`arte”.

Lo zen ha influenzato un gruppo (eterogeneo, per la cultura occidentale) di attività manuali che vengono raggruppate sotto il nome di Arti Tradizionali Giapponesi e sono riconoscibili nel fatto che il loro nome finisce in -dō (= tao = via )

Fra le più conosciute e praticate, troviamo alcune arti marziali:

Ken-dō:   Via della spada,

Kyu-dō:   Via dell’arco,

Aiki-dō:   Via dell’armonia o dell’unione,

Iai-dō:   Via dell’estrazione della spada

e anche un gruppo di arti estetiche, apparentemente dissimile,

che comprende

Cha-dō  o  Via del tè

Sho-dō  o  Via della scrittura

Kō-dō    o  Via dei profumi

Ka-dō    o  Via dei “fiori”/ikebana

Anche se agli occhi occidentali il praticare un’arte marziale  appare qualcosa molto differente dal praticare l’ikebana, in realtà queste attività sono simili fra di loro poiché lo scopo finale della pratica di tutte le Arti Tradizionali Giapponesi, che è lo sviluppo personale e il processo di conoscenza e crescita interiore, è lo stesso mentre le modalità per raggiungerlo, solo in apparenza, sono molto differenti.

kyu-dō

iai-dō

ken-dō

 

cha-dō

kō-dō   

                

sho-dō

ka-dō

 

 

Tutte queste nomenclature terminanti in -dō sono apparse solo nel periodo Edo: i Tokugawa riuscirono ad imporre la fine delle guerre fra vari clan e la maestria dell’uso delle varie armi per uccidere il nemico venne trasformata in abilità “nell’uccidere il proprio ego” ossia una “disciplina” vista come “percorso”, “via”, “cammino”, in senso non solo fisico ma anche spirituale.

Tutte queste arti terminanti in -dō, ikebana compreso, prima che l’influsso della cultura occidentale fosse così prorompente, erano praticate esclusivamente dagli uomini, inizialmente solo da quelli appartenenti alla parte colta della classe dei samurai, dalla nobiltà imperiale, poi in seguito nel periodo Edo anche dalla classe dei ricchi mercanti e artigiani.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

samurai che ammirano una esposizione di Rikka

 

Le Arti Tradizionali Giapponesi presentano un “ura” (visione in profondità) e un “omote” (visione in superficie)      vedi Art. 25°

In tutte le Arti Tradizionali si dà un’importanza grandissima all’uso del corpo: tutti i movimenti sono molto curati e basati sul concetto zen “meno è più” e sul concetto del “minimo sforzo per il massimo rendimento” ossia tutti i movimenti sono calibrati, essenziali, spogliati del superfluo, seguono specifici criteri, influenzati dallo Zen, imposti dalla tradizione di ogni singola Arte e di ogni singola Scuola.

Certamente i movimenti di un’Arte Marziale come il tiro con l’Arco o l’uso della Spada sono differenti da quelli usati nella Cerimonia del Tè o nella Via della Scrittura o nel Ka-dō/ikebana, ma tutti, oltre ad essere funzionali ed efficienti, sono di un’elegante bellezza.

lettura Kun: kata vedi Art. 50° lingua giapponese

 

Tutte le Arti Tradizionali sono basate sui kata, parola che, non avendo equivalenti nel pensiero occidentale, è tradotta in senso letterale con : forma, tipo, stampo.

Per kata si intende

“sequenza composta da gesti formalizzati e codificati sottesa da

uno stato di spirito o mentale orientato verso la realizzazione della Via o Dō”.

 

La maggior parte di queste arti “non produce” un oggetto, come le Arti marziali, la Cerimonia del tè, la Via dei profumi, mentre altre ne producono, come la composizione ikebana o il foglio scritto nella Via della scrittura.

Per lo Zen la produzione di un oggetto nelle arti tradizionali elencate è potenzialmente dannosa poiché distoglie l’attenzione dal processo di produzione che è la Via (-dō).

La necessità occidentale di valutare un’opera in base alla sua forma porta spesso a dimenticare questo principio così importante per lo Zen ma è proprio nella capacità di vedere le azioni invisibili, ossia la serie di azioni e gesti che hanno prodotto l’opera -azioni assenti poiché passate- che risiede la chiave di valutazione dello Zen.

Il valore di queste arti nel contesto zen non sta nell’oggetto prodotto (ikebana, nel nostro caso) ma nella successione di azioni compiute per costruirlo ossia nella sequenza composta da gesti formalizzati e codificati dalle singole scuole sottesa da uno spirito orientato verso la realizzazione della Via (Dō).

 

 

Agli occhi degli occidentali, i kata sono ben riconoscibili quando vediamo una persona che, in tutte le arti marziali citate, si allena in gruppo ripetendo quelle sequenze di gesti, ponendo la loro attenzione sulla loro concatenazione, cercando la perfezione tecnica. Questi kata sono specifici per ogni singola scuola di arti marziali; ad esempio nel karate i kata sono quella serie di gesti che, fatti propri durante gli allenamenti, resi automatici e messi in pratica durante un combattimento, servono ad affrontare l’avversario.

 

Però i kata esistono (molto meno evidenti) anche in tutte le arti tradizionali giapponesi non-marziali, ikebana incluso.

 

L’apprendimento dei Kata  ha lo scopo di creare l’automaticità di una serie di gesti tecnici, trasmessi dalla tradizione, che mirano alla realizzazione perfetta delle forme e dei movimenti.

Per l’ikebana l’automaticità è quella di mettere in posizione naturale di crescita ogni vegetale appena preso in mano, del tagliarlo della lunghezza dovuta, a seconda della sua funzione, dell’inserirlo nella composizione nelle inclinazioni prestabilite dalla scuola e così via.

 

I Kata non sono l’opera di una singola persona ma il risultato di un sapere tradizionale che si è condensato di generazione in generazione ossia ogni Kata è la memoria del movimento elaborato per anni dai vari maestri e dai loro allievi.

Nel concetto di kata, la tecnica occupa un posto essenziale riassunta dalla formula: ” la tecnica è l’uomo “

La qualità della tecnica si acquisisce con l’allenamento incessante, ma talvolta l’esercizio può essere ripetuto senza progressi se, contemporaneamente, non esista una progressione qualitativa “spirituale” del praticante quell’arte,  sia marziale o ikebana o della scrittura o del Tè .

 

Per i giapponesi la perfezione è umana (vedi esecuzione dei Maestri nella Cerimonia del tè, o dei Maestri della scrittura o composizione ikebana o in un Haiku o in un “giardino secco”).

 

  

I KATA nell’Ikebana

Nell’ikebana, essendo ai giorni nostri erroneamente concentrati sul risultato ossia la composizione, non si parla mai dell’importanza dei movimenti del corpo dell’ikebanista. Questi movimenti, pur non essendo mai stati codificati come nelle altre Arti, sono importanti poiché rivelano lo “stato d’animo” di chi compone e certamente la consapevolezza del modo d’uso del corpo influenza il risultato cioè la composizione.

 

 

 

 

Nell’ikebana i movimenti del corpo, pur essendo liberi e non codificati, devono seguire gli stessi criteri di funzionalità ed estetica comuni a tutte le Arti Tradizionali e l’ikebanista deve avere un uso consapevole del proprio corpo.

 

 

 

 

Per l’Ikebanista i kata sono gli stili delle composizioni facente parte della tradizione della Scuola.

 

 lettura On: kei

 lettura Kun: kata

vedi Art. 50° lingua giapponese

 

Per l’ikebanista Ohara i kata sono gli stili delle composizioni (stile Alto, Obliquo, Cascata, Che si riflette nell’acqua) che vengono chiamati –kei ( ad esempio Chokuritsu-kei = stile Alto) leggendo il kanji, che in lettura Kun si pronuncia kata, in lettura On. 

Ma importanti sono anche  tutte quelle sequenze di gesti che, col tempo, devono diventate automaticihe e servono per eseguire una corretta composizione con dei vegetali; ad esempio queste azioni, ripetute fino a renderle automatiche,

quali:

– la scelta dei vegetali e del vaso in funzione del materiale

vegetale o viceversa

 

– la presa in mano del singolo vegetale per valutare il suo “peso

ottico” e se è più idoneo ad essere usato come shu, fuku, kyaku o un ausiliare

– il togliere il superfluo

 

– il tagliare i vegetali mantenendo le proporzioni sia col

contenitore che con gli altri attori della composizione-ikebana

– l’inserirli nei giusti angoli d’inclinazione

 

 

 

In tutte le Arti Tradizionali, prima di iniziare la loro pratica, occorre concentrarsi.

Di solito la concentrazione sul corpo passa attraverso il concentrarsi sulla respirazione che evidenzia istantaneamente la transitorietà, l’impermanenza – non possiamo trattenere il fiato – e l’interdipendenza – dipendiamo dall’ossigeno a sua volta prodotto dai vegetali – e tale semplice costatazione dovrebbe mitigare l’esagerata invadenza del nostro Ego, causa delle varie situazioni di scontentezza dell’allievo durante la lezione di ikebana.

 

Idealmente l’ikebanista che deve comporre un ikebana, dopo la

breve fase di concentrazione, avendo davanti a se i vegetali che ha selezionato richiama mentalmente i kata e inizia la composizione mantenendo la concentrazione sul suo operato.

 

L’ikebanista che vuole andare oltre l’apprendimento scolastico e

dall’atteggiamento mentale di voler imparare l’Ikebana passa

all’atteggiamento mentale di voler seguire la Via dei “fiori” / Ka-dō

capisce che il suo scopo non è l’eseguire una “bella” composizione ma ottenere

un cambiamento della sua persona tramite la pratica dell’ikebana.