il sumo, forma ritualizzata di combattimento, e l’ikebana visti “in superficie” appaiono come due entità aventi assolutamente niente in comune.

Osservati con più attenzione, “in profondità”, ci si rende conto che sono accomunati da fattori che ritroviamo nel patrimonio culturale giapponese, ossia la stessa simbologia su cui ambedue sono parzialmente basati.

Ad esempio,

la sacralità: ambedue avvengono o sono posti in un luogo “sacro”

il sumo è una pratica strettamente legata alla religione shinto e prima di essere svolta deve adempiere ad alcuni riti di purificazione, con acqua, sale, sabbia. Lo stesso ring è delimitato dalla sacra corda (shimenawara) che separa lo spazio sacro/rituale, in cui i lottatori si confrontano, da quello profano, come nei templi shinto.

 

lottatori che spargono il sale per purificare il luogo sacro in cui combatteranno

 

L’arbitro indossa un abito tradizionale ed ha nelle mani un ventaglio, simile a quello che i generali-samurai usavano in guerra per guidare le fasi della battaglia, che serve sia ad indicare il vincitore sia come sostegno sul quale viene posato l’attestato della vincita da consegnargli.

 

 

Particolare affascinante per chi si interessa di vegetali è il fatto che i lottatori sono gli unici che possono acconciare la capigliatura terminante con un ciuffo a forma di foglia di Ginkgo biloba.

 

 

L’ikebana viene messo, nella casa tradizionale giapponese, solo nell’unico spazio “sacro” della casa, il tokonoma che, anche se non limitato dalla corda sacra, è nettamente separato dallo spazio profano del resto della casa.

 

la disposizione spaziale

in ambedue ritroviamo la stessa disposizione spaziale coerente col simbolo del tai-ji (vedi art. 15°) e con le regole del feng-shui (vedi articolo 9°)

 

nel sumo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

le quattro nappe ( o i quattro colori dei pali in questa stampa del periodo Edo), appese sotto il tetto sovrastante il ring, fissano la struttura dell’arena nello spazio, segnalando le direzioni cardinali coi colori simbolici legati ad esse e alle sue quattro divinità protettrici:

 

 
nero per il nord (tartaruga), 

bianco per l’ovest (tigre),

rosso per il sud (fenice)

azzurro/verde per l’est (drago)

giallo per il centro (serpente) assente nel ring

stessi colori simbolici

usati in altro contesto

 

 

schema del ring del sumo con i colori simboleggianti le direzioni cardinali e la suddivisione del ring in lato yang e lato yin, esattamente come nell’ikebana.

 

 

Il secchio con l’acqua è situato a sud, punto simbolico in cui l’acqua è maggiormente necessaria essendo il punto più caldo (massimo yang nel simbolo delTai-ji), mentre il sale, essendo bianco, è situato a ovest, direzione associata al colore bianco della tigre.

 

La zona di combattimento, con gli accessori, assume la stessa posizione spaziale come i rikka e shoka (vedi articolo 9° -feng-shui e ikebana-), ossia la zona yang (quadranti segnati a lato dalla nappa rossa/fenice e dalla nappa azzurra/drago) è a sinistra di chi guarda mentre la zona yin (quadranti segnati a lato dalla nappa nera/tartaruga e nappa bianca/tigre) sono situate a destra di chi guarda.

 

nell’ikebana

 

(vedi precedenti articoli sul feng-shui e sul simbolismo taoista)

 

come nel ring del sumo, la composizione è suddivisa in una zona yang, alla nostra sinistra, che contiene vegetali yang, e in una zona yin, alla nostra destra, che contiene vegetali yin

 

Concludendo, sia nel sumo che nell’ikebana riscontriamo la stessa sacralità e la stessa disposizione simbolica, coerente coi simboli del tai-ji e del feng-shui, in cui il lato alla nostra sinistra rappresenta il lato yang (dell’ikebana hongatte o del ring) mentre il lato alla nostra destra rappresenta il suo lato yin.

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